Dopo alcuni minuti aver pubblicato su youtube il video che trovate più avanti, ricevo questo commento:
“In sostanza si capisce che bisogna abbandonare l’idea di recuperare che non serve a nulla. Bella schiettezza! Molto utile per un malato! Era meglio non imbattersi in questo video”
Non sono rimasto per nulla stupito, anzi, prima di pubblicare il video ho riflettuto molto alla possibilità che il mio messaggio potesse essere travisato e che potesse generare malintesi, ma ho comunque ascoltato l’istinto e alla fine l’ho pubblicato perché sentivo il bisogno di trasmettere un messaggio, che al contrario dell’interpretazione fatta dalla signora del commento, è un messaggio di speranza, dove addirittura la guarigione si rende possibile anche per chi ha subito una lesione gravissima a causa di un ictus cerebrale.
Il tipo di riabilitazione è il problema centrale
Partiamo dal presupposto che ritengo fondamentale il tipo di riabilitazione a cui si sottopone il paziente in seguito a un ictus. Non tutta la riabilitazione è la stessa, infatti, ci sono proposte riabilitative che si concentrano sull’aspetto muscolare, altre che si dirigono a quello neuromotorio, ovvero, dei riflessi sfruttando la motricità elementare offerta dalla patologia come la spasticità che si instaura nell’arto inferiore per garantire al paziente una rapida autonomia. Infine c’è l’approccio neurocognitivo, secondo il quale la qualità del recupero dipende dalla modalità con la quale il paziente è in grado di riorganizzare i propri processi cognitivi, ebbene, in seguito a una lesione cerebrale, ritengo quest’ultimo approccio il più ragionevole ed efficace, ma c’è dell’altro che la riabilitazione di Perfetti facilita nei pazienti e lo discuteremo negli ultimi paragrafi.
Ragionare sul recupero motorio è più facile
Nei confronti del recupero motorio è tutto molto più chiaro, ci sono gli ostacoli prodotti dalla lesione cerebrale, come le alterazioni della percezione, dell’attenzione rivolta al corpo, della memoria del movimento, dell’aumento del tono muscolare (spasticità) e ci sono tutte le varie tappe che il paziente deve poter percorrere per poter accedere di volta in volta a livelli sempre più evoluti di movimento. Per ogni stadio in cui si trova il paziente, il terapista sa esattamente cosa fare per aiutare il paziente a farlo accedere allo stadio successivo, sa quali strumenti utilizzare, quali abilità il paziente deve imparare e come deve organizzare esercizi e programma di lavoro. Ancora più incoraggianti sono i risultati quando i pazienti stessi sono consapevoli di questo processo riabilitativo e non subiscono passivamente la terapia, quindi sono consapevoli del livello del loro recupero, delle alterazioni che devono superare e delle strategie da utilizzare; pazienti che si dimostrano dei veri e propri alleati del sistema terapeutico.
Non solo recupero motorio
Al netto del percorso riabilitativo intrapreso dal paziente in seguito all’ictus, c’è dell’altro che spesso sfugge, ma che assume un peso assai rilevante. Nel corso della mia carriera, mi sono reso conto che ci sono degli stadi esistenziali, delle tappe che il paziente dal giorno dell’evento deve saper percorrere per far evolvere il proprio stato di guarigione. Proprio come avviene per gli stadi evolutivi del recupero motorio, dove il terapista sa esattamente come adattare il programma riabilitativo e fa di tutto per fare del suo paziente un alleato consapevole al processo, allora anche nei confronti di questa evoluzione esistenziale fatta di stadi ci deve essere la stessa attenzione nell’identificarne le caratteristiche e le strategie necessarie per facilitarne il progresso da parte del paziente.
Cosa è il recupero?
Questo è un problema di non poco conto, ovvero, il significato che attribuiamo alla parola recupero. Si recupera un credito, le chiavi perdute in un tombino o un portafoglio rubato ed è proprio questa dimensione di riconquista della prima vita e della propria condizione precedente all’ictus che permea il termine “recupero”. Recupero inteso come obiettivo finale e non come processo. Il recupero nel senso comune dei pazienti reduci da un ictus cerebrale, ha tutto il sapore della guarigione intesa come trionfo sulla malattia. Il prefisso RE e RI (ritorno), prima di altre parole è molto diffuso nei termini comuni del mondo del post-ictus, proviamo a pensare alle stesse RI-abilitazione e RI-educazione. Un ictus e quindi una lesione cerebrale, è un evento incredibilmente intenso per l’organismo, che lo mette a durissima prova su tutti i piani, fisico, mentale e relazionale, in una parola: esistenziale. Per questo paragonare tutti i possibili scenari di evoluzione della propria condizione, con il ritorno alla condizione precedente all’evento rischia di impoverire di significato anche tutte quelle piccole, ma importanti conquiste quotidiane che sommate le une alle altre di fatto stanno componendo il quadro del recupero.
Recupero e Guarigione
L’ictus colpisce il cervello e non i muscoli, uno slogan che ormai rischia di inflazionarsi, ma che è ancora efficace per mostrare la contraddizione imperante nel contesto riabilitativo dove invece le attenzioni vengono rivolte solo alla componente fisica del paziente, ai suoi muscoli, senza considerare tutte le funzioni mentali che soggiacciono all’organizzazione motoria. Questa visione parziale del problema del paziente purtroppo investe un altra sfera che non viene considerata nello spettro di necessità del paziente e della famiglia colpiti da ictus, che è quella esistenziale. In realtà il tentativo di affrontarla c’è ma non viene chiamata sfera esistenziale, perché rischierebbe di entrare nel campo minato dell’olismo e di tutto ciò che non è scientifico perché non misurabile e viene definita sfera psicologica. L’assistenza psicologica al paziente è certamente prevista, ma con incursioni mirate alla gestione della possibile, anzi probabile depressione e proprio in virtù della probabilità statistica con la quale si manifesta, viene scelto un intervento preventivo e farmacologico.
Come il comportamento motorio non è fatto di sole contrazioni muscolari, anche la sfera esistenziale non è composta da sole malattie della mente o assenza delle stesse, ma da tutte quelle abilità e condizioni interiori che permetteranno di affrontare la convalescenza con resilienza. Recupero e Guarigione pertanto per il paziente rappresentano pressoché due sinonimi, entrambi come il traguardo di una riconquistata abilità motoria, certamente inequivocabile nel caso della guarigione dove della malattia non vi è più traccia. Il nostro intento è quello di considerare la persona e l’evento inatteso della malattia nella loro complessità, pertanto il concetto di guarigione, deve poter includere anche il percorso esistenziale che ogni persona deve poter compiere per evolvere nei confronti della malattia, un percorso che richiede introspezione, confronto, intelligenza, saggezza e che come risultato deve avere un rapporto assertivo nei confronti della malattia e della propria nuova condizione, un rapporto che includa termini controversi come accettazione e pace. Questi termini sono tanto più rifiutati dal paziente quanto più si trova ancora nella fase in cui si vive come un guerriero in lotta contro il mostro della malattia che gli ha sottratto la la vita e che vede come unico esito la sua uccisione e la riconquista della propria vita. Anche per questo motivo il video che ho realizzato ha suscitato non poche reazioni.
https://youtu.be/gIsG4qDdgdI
Quali sono gli stadi evolutivi del processo di guarigione?
Ogni qual volta che ci si trova di fonte a un sistema complesso in cui il disordine, insieme alla tendenza all’equilibrio sono i motori che gli danno forma, cercare di imbrigliarlo in uno schema ordinato fatto di passi e regole, non fa altro che distorcere la realtà e le possibili interazioni con tale sistema. Per questo l’identificazione degli stadi evolutivi del paziente all’interno del processo di guarigione è un operazione che deve avere solo uno scopo illustrativo e pragmatico. L’identificazione di tali stadi nasce peraltro dall’esperienza personale e professionale del nostro team che da anni è a stretto contatto con una moltitudine di pazienti e familiari alle prese con le conseguenze dell’ictus.
1. Evento
Il primo stadio è rappresentato dalla paura, lo shock e la confusione generata dall’evento inatteso e drammatico dell’ictus. (Leggi l’articolo completo)
2. Guerriero
Il secondo stadio lo identifichiamo con l’inizio della riabilitazione, dove il paziente e le persone che lo circondano creano l’atmosfera del guerriero in lotta con il mostro, una metafora che garantisce al paziente una grande determinazione, ma che allo stesso tempo lo dirige verso un vicolo cieco fatto di frustrazione sensi di colpa. (Leggi l’articolo completo)
3. Tempo Scaduto
Comunemente viene detto al paziente che il recupero è possibile, ma solo entro un certo limite di tempo in seguito alla lesione e questi verdetti sono variabili, ma quello più frequente è quello dei 12 mesi. Abbiamo affrontato il tema della “data di scadenza” del recupero in questo altro articolo. Il paziente si era calato nei panni del guerriero intento a sconfiggere il mostro della malattia e quest’impresa, oltre ad essere epica, è anche una corsa contro il tempo. Un anno è molto poco per poter recuperare da una lesione cerebrale, considerando che i ricoveri offerti dal sistema sanitario nazionale si aggirano mediamente sui 60-90 giorni. Basti pensare che per recuperare dalla lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio potrebbero servire 6 mesi, alcune fratture gravi del femore potrebbero richiedere anche 9 mesi per la loro guarigione, quindi era anche logico che un anno non sarebbe stato sufficiente per guarire da una lesione dell’organo più complesso del nostro organismo: il cervello. I pazienti in questa fase devono fare i conti con il fallimento della missione in cui si erano calati con tanta determinazione.
4. Le alternative
Nonostante il mostro non sia stato sconfitto del tutto, è però certo che il paziente durante il primo anno ha avuto molti progressi rispetto alla condizione iniziale, pertanto, risulta impossibile credere che non ci sia ancora possibilità di migliorare e anche se i medici con cui i pazienti hanno un contatto diretto, ribadiscono che le possibilità di recupero dopo il primo anno saranno minime, pazienti e familiari si mettono alla ricerca di soluzioni alternative che possano cambiare le sorti dei verdetti infausti ricevuti. In genere la ricerca si dirige su soluzioni che promettono un cambiamento rapido e drastico della condizione patologica, come iniezioni di tossine in grado di paralizzare i muscoli spastici, interventi che questi muscoli invece li allungano o li invertono di posizione, sedute di stimolazioni magnetiche cerebrali, programmi di riabilitazione robotica, integratori, sessioni in camere iperbariche con la speranza di aumentare l’ossigenazione del cervello. In questa fase di ricerca c’è anche la riabilitazione neurocognitiva, ma in genere viene scelta come ultima spiaggia, sempre se il paziente dopo i primi fallimenti non decida di abbandonare del tutto l’idea di affrontare un ennesimo percorso riabilitativo.
“Lasciatemi in pace”
Dopo tanti tentativi giudicati fallimentari dal paziente, ma che in realtà sono giudicati tali solo perché perche ricordiamo, il recupero viene identificato con la guarigione, il paziente potrebbe cadere in uno stato depressivo dove rifiuta qualsiasi ulteriore proposta rivolta al suo recupero. È lo stadio del fallimento, ma sia chiaro, non del fallimento del paziente, ma del sistema di cura che lo ha accolto dal primo giorno, che non è stato in grado di orientare il paziente e la famiglia alla gestione della malattia, se il paziente si trova in questo stadio, non ci si è messo da solo.
5. Consapevolezza della necessità di coinvolgere il cervello e della centralità del proprio ruolo nel processo riabilitativo
In molti casi, la fase dell’abbandono e del “lasciatemi in pace” non viene attraversata o perlomeno viene toccata marginalmente, perché il paziente sente che ci sono dei miglioramenti progressivi seppur lenti e di lieve entità e vuole continuare a migliorarsi. In questi casi, spesso dopo averle provate tutte, i pazienti si concedono di provare anche la riabilitazione neurocognitiva ( metodo Perfetti), ed iniziano a fare i conti con un approccio totalmente differente, dove viene richiesto loro di gestire il loro corpo e il movimento attraverso esercizi rivolti a riorganizzare le funzioni cognitive che in seguito alla lesione sono state alterate. Il lettore in genere, ascoltando le parole “funzioni cognitive alterate” non si sente chiamato in causa, perché è abituato ad ascoltare questi termini associati a patologie quali le demenze o non sentendosi cambiati dal punto di vista intellettivo non ritengono l’intervento neurocognitivo affine alle loro necessità. Abbiamo affrontato il tema del malinteso dei processi cognitivi in questo articolo. Alcuni pazienti e familiari, in questa fase di lavoro iniziano a maturare la consapevolezza della necessità di coinvolgere il cervello per ottenere il recupero motorio e comprendono la ragionevolezza dell’agire neurocognitivo, ma aspetto più importante, i pazienti si rendono conto che il recupero non dipenderà solo da ciò che il terapista gli proporrà in termini di esercizi, ma come loro stessi saranno in grado di mettersi al centro del processo di cura, trasferendo nel quotidiano quanto appreso durante le sedute di esercizi. I pazienti si rendono conto che la vera riabilitazione inizia quando finiscono gli esercizi.
6. Meraviglia
La consapevolezza del proprio ruolo centrale nel processo di recupero inizia a mettere i pazienti nelle condizioni di valorizzare ciò che stanno ottenendo grazie al loro impegno e abilità, iniziano a guardare al proprio recupero con curiosità e meraviglia. Si tratta di un passaggio molto rilevante, perché dopo aver perso molte abilità motorie è naturale che il nostro sguardo sia rivolto a tutto ciò che abbiamo perso e a notare le nostre difficoltà nella gestione di atti quotidiani che prima dell’ictus erano così banali e naturali, perdendo però di vista quei piccoli, ma importanti cambiamenti, che ogni giorno grazie al grande lavoro di riabilitazione stiamo ottenendo. Un piccolo spostamento di un dito, l’abilità di controllare la spasticità, una nuova sensazione percepita, sono tutti risultati che messi insieme stanno componendo il recupero, inteso come processo e non come obiettivo finale e saperli vivere con meraviglia permette anche ai pazienti di associare quali strategie hanno permesso il loro manifestarsi e questo è alla base dell’apprendimento.
7. Emancipazione
La consapevolezza della centralità, la meraviglia dei piccoli successi e la curiosità innescata nel paziente alla continua ricerca di esperienze in grado di favorire il proprio apprendimento, determinano un passaggio fondamentale nel processo evolutivo del paziente nei confronti della propria condizione: l’emancipazione. Per emancipazione intendiamo ovviamente, la ricerca dell’indipendenza nelle attività della vita quotidiana, come gestione igiene quotidiana, il vestirsi, il mangiare ecc ecc, tuttavia, l’emancipazione a cui ci riferiamo in particolare è quella dai loro riabilitatori, infatti buona parte dei successi che i pazienti vivono in questa fase, li stanno ottenendo al di fuori delle ore dedicate alla fisioterapia e iniziano a comprendere che sono loro stessi ad essere indipendenti nel potersi garantire le esperienze necessarie pe il recupero.
8. Conciliazione
In questo stadio, probabilmente l’ultimo del processo di guarigione, il paziente ha vissuto moltissimi miglioramenti e anche se questi non sono sufficienti per poter affermare che rappresentino un recupero totale delle proprie abilità precedenti all’ictus e delle proprie attività, è consapevole degli strumenti a sua disposizione per poter procedere nei miglioramenti quotidiani e affronta un durissimo percorso di analisi della propria identità, conciliandosi con il passato, vivendolo come un qualcosa di già trascorso e inaccessibile, come parte della propria storia, ma non come obiettivo da raggiungere perché consapevole della sua condizione attuale. La conciliazione avviene anche nei confronti di loro stessi e degli eventi sfortunati che li hanno portati a vivere periodi di grande sofferenza. In questa fase i pazienti comprendono la differenza tra recupero e guarigione e vivono il proprio migliorarsi con pace e serenità. Siamo consapevoli che per i pazienti e i familiari che probabilmente si trovano nella fase del guerriero in lotta contro il mostro, le parole spese in questo ultimo paragrafo della conciliazione possano suonare irritanti o addirittura vi si possa fraintenderne il significato, pensando che tra le righe si stia dicendo che il recupero non sia possibile e bisogna accettare con pazienza ciò che è accaduto, ma non è assolutamente questo il messaggio, anzi, al contrario in quest’ultimo paragrafo viene lasciata la possibilità di pensare a un recupero anche totale, ma ottenuto con tempi dovuti, una qualità dell’intervento riabilitativo eccellente e una attitudine del paziente favorevole.
Guarda questo video perché c’è una panoramica sui vari stadi del recupero
https://youtu.be/GsnAeQ_Hqlg
Alcune Risorse utili
InteraMente
È il libro nato dall’esigenza di condividere con professionisti, pazienti e familiari la mia esperienza con il recupero post ictus e la neurocognitiva di Perfetti, al suo interno ho predisposto 2 capitoli dove potrai trovare molti esercizi con cui iniziare le prime terapie con la neurocognitiva.
Mini guida
Ho voluto realizzare un piccolo e-book gratuito per dare una panoramica immediata sul problema della riabilitazione dell’ictus. Ci sono 10 cose che devi sapere sull’ictus e in aggiunta ho messo 4 video di esercizi che puoi provare fin da subito in casa con il tuo fisioterapista o con un tuo familiare.
Contatti
Scrivi un’e-mail a
info@stroke-therapy-revolution.it
Bibliografia
LAKOFF G., JOHNSON M. (2004), Metafora e vita quotidiana, Bompiani, Milano.
LAWLEY J., TOMPKINS P. (2003) Mente e metafore, Gruppo editoriale Infomedia, Pisa.
MORABITO C. (2002) La metafora nelle scienze cognitive, McGraw-Hill Education, New York
SARMATI V. (2020) InteraMente, alla scoperta del cervello nel recupero post ictus, Stroke Therapy Revolution, Marsalforn
Melzack R, Pain and the neuromatrix in the brain, 2001
T. Watt Smith, 2015 The Book of Human Emotions: An Encyclopedia of Feeling from Anger to Wanderlust