Un ictus colpisce il cervello e non i muscoli e fino a qui ci siamo tutti e intendo dire proprio tutti perchè nemmeno il fisioterapista più “muscolare” avrebbe l’ardire di confutare questo assunto così chiaro, ma poi dal comprendere che l’ictus colpisca il cervello a dirigere la fisioterapia nei confronti delle funzioni di questo cervello c’è una grande differenza.Ho impiegato ogni istante della mia carriera ad aiutare i miei pazienti, facendo nel contempo divulgazione con la speranza che i contenuti condivisi con le persone potessero essere d’aiuto a dirigersi verso le migliori scelte terapeutiche o perlomeno non commettere errori gravi, ma proprio in quest’ultimi tempi mi rendo conto che mancano ancora molti pezzi su cui dobbiamo ragionare insieme. Uno di questi è celato proprio in queste domande:
- La spasticità è un vantaggio o uno svantaggio per il paziente?
- È un nemico o un alleata?
- È giusto farla comparire il prima possibile per liberare il paziente dalla flaccidità o dobbiamo evitare che compaia?
Se non riusciamo a rispondere a queste domande con chiarezza credo che parlare di processi cognitivi, riabilitazione neurocognitiva secondo Perfetti e funzioni cerebrali sia prematuro, perchè il paziente percepisce solo che tutti i giorni lotta con la paralisi e con la rigidità.
Sul mio profilo di Facebook e sul Gruppo Ictus Emiplegia ho sollevato proprio questa domanda, le risposte ricevute sono state importantissime e mi hanno spinto ad approfondire il tema, perchè se non siamo in grado di rispondere con decisione a questa domanda, tutti i risultati della nostra fisioterapia e tutti i nostri sforzi potrebbero essere vani.
Un dato importante da sottolineare è che i fisioterapisti e i pazienti hanno due concezioni diverse della spasticità, i primi sono spesso favorevoli alla sua comparsa mentre i pazienti sono più propensi a interpretarla come un problema da curare. Non mi stupisce che i pazienti rispondano che la spasticità sia uno svantaggio visto che sono proprio loro a pagarne le conseguenze tutto il giorno, mentre i fisioterapisti hanno come obiettivo l’autonomia del paziente a tutti i costi per questo accettano la comparsa della spasticità.
Ho notato che pazienti e terapisti hanno un punto su cui però si trovano estremamente d’accordo, ovvero che la spasticità è meglio della flaccidità. Il paziente che dopo l’ictus si trova a vivere una metà del corpo letteralmente morta, appena vede comparire i primi movimenti, non importa che siano di tipo riflesso e non siano intenzionali, sono in fin dei conti un segno che la mano o la gamba non sono morte e allora accettano che si sviluppino questi movimenti o gruppi di movimenti che da una parte gli offrono più autonomia, ma dall’altra rappresenteranno il vero problema da curare nei mesi e negli anni a seguire.
Come è possibile che ci sia questa differenza tra i terapisti stessi, nell’interpretare la spasticità? Alcuni la ritengono uno svantaggio e altri la ritengono un segno della patologia, come è possibile visto che tutti fanno lo stesso mestiere?
Senza troppi giri di parole credo che la differenza risieda esclusivamente nella profondità delle conoscenze in materia di neurofisiologia. Purtroppo si tratta di una materia estremamente complessa e lo studio deve estendersi ai meccanismi utilizzati dal sistema nervoso centrale per difendersi da una lesione drammatica come quella che avviene nel cervello. Solo questo approfondimento può permettere al riabilitatore di comprendere che la Flaccidità ( vedete già il termine è fuorviante perchè porta a identificare qualcosa di negativo) non è altro che il risultato dell’inibizione messa in atto dall’organismo per proteggere la rete nervosa dall’eccessiva stimolazione causata dall’ischemia o emorragia.
Per semplificare la questione, permettetemi di utilizzare un immagine di tipo domestico, se abbiamo una tubatura rotta in casa, la prima cosa che facciamo è chiudere la manopola centrale, proprio per evitare il diffondersi del danno. Lo stesso meccanismo di difesa è operato dal nostro organismo che “spenge” tutte le sinapsi di un lato del nostro corpo (anche quelle dei riflessi, per quello il neurologo i primi giorni batte con il martelletto sul ginocchio, per vedere lo stato dei riflessi). La flaccidità non è altro che il segno dell’inibizione massiva operata dal nostro organismo stesso a fini protettivi e ristorativi, non è la patologia dalla quale bisogna salvarsi a tutti i costi e in tempi rapidi. L’organismo in seguito a questa fase protettiva inizia a “riaccendere” le prime sinapsi, ma le prime che accende sono quelle che regolano i movimenti più semplici ovvero i riflessi. È proprio in questo momento che avviene quello che io definisco il vero dramma della riabilitazione, un dramma perchè tutti agiscono in buona fede, fisioterapisti e pazienti vedono i primi movimenti comparire e si danno da fare per sfruttarli e potenziarli, anche se non sono movimenti puliti o funzionali, li esasperano con la speranza che via via questi potranno ingentilirsi e ritornare ad essere intenzionali.
Purtroppo in questa fase il sistema nervoso centrale è molto suscettibile e pronto a creare nuove connessioni, se gli esercizi richiedono un movimento grossolano da parte del paziente, questi schemi di movimenti si strutturano per il semplice motivo che la rete nervosa si cabla in funzione delle esperienze motorie che il soggetto sta vivendo, si creano connessioni forti, che in futuro saranno molto difficili da correggere.
È chiaro che non possiamo affrontare tutto il tema della spasticità in un singolo post, se vuoi approfondire qui trovi un mio intervento in diretta dove affronto proprio la domanda: spasticità vantaggio o svantaggio?https://youtu.be/5j8FXApEUFA
Mentre in questo post voglio proporre un’euristica molto semplice, un ragionamento logico che può aiutarci a comportarci correttamente nei confronti della spasticità. Il ragionamento è questo: come stai alla fine dell’esercizio?
Se alla fine dell’esercizio la tua mano o gamba è più dura, allora hai fatto un esercizio che HA AUMENTATO la spasticità.
Se alla fine dell’esercizio la tua mano o la gamba è più rilassata, hai fatto un esercizio che NON HA AUMENTATO la spasticità.
Qui dobbiamo fare un chiarimento, perchè non ho detto che si tratta di un esercizio che ha diminuito la spasticità se alla fine dell’esercizio di fatto la mano o la gamba sono più rilassati e mi sono limitato ad affermare che perlomeno non l’ha aumentata?
Perchè se per rilassare il corpo hai fatto un bagno caldo, un buon sonno, un massaggino dolce e delicato o hai preso un miorilassante, non possiamo dire che hai migliorato la spasticità perchè l’effetto di queste attività di tipo fisico o meccanico è temporaneo, infatti, avrei affermato che l’esercizio è in grado di diminuire la spasticità solo se questa diminuzione è avvenuta con la partecipazione intenzionale del paziente, sentendo il proprio corpo, percependo e controllando volontariamente il tono.
Se alla fine dell’esercizio non c’è stato un cambiamento nei confronti del tono, in termini logici e rapidi possiamo dire che quanto meno non è stato efficace e bisognerebbe analizzarne il motivo.
Spero di essere riuscito a spiegare questa logica, in altre parole se pensi e senti che la spasticità sia problema (come avrai capito è lo stesso che affermo anche io) e fai una terapia dove la mano invece di diventare più morbida a fine trattamento è più rigida, non mi ci vuole molto per dirti che non è la terapia adatta.
Se invece la mano e la gamba sono più morbidi, ancora non è sufficiente per dire che si tratta di una buona riabilitazione perchè bisogna vedere se questo rilassamento è avvenuto passivamente perchè il terapista ha una buona manualità, perchè l’acqua della piscina era calda o perchè Il paziente stesso con l’esercizio ha imparato a controllare l’ipertono con la sua testa, imparando a percepire, dirigere la sua attenzione in modo efficace e muovendo con controllo.
Nel corso dell’articolo ho menzionato il Gruppo Ictus Emiplegia, è un gruppo che ho creato nel 2009 al quale sono ammessi solo pazienti e familiari, è il più grande in Italia e se hai Facebook ti consiglio di iscriverti perchè è di grande utilità poter condividere con migliaia di altre famiglie informazioni e consigli in materia, puoi chiedere l’iscrizione da qui.
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Bibliografia
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CHAMBERS W. W., LIU C. N. (1957) , Cortico-spinal tract of the cat: an attempt to correlate the pattern of degeneration with deficits in reflex activity following neocortical lesions, J. Comp. Neurol.
TAHAYORI B., KOCEJA D. (2019), Exercise induced operant conditioning of the H-reflex in stroke patients: Hopes for improving motor function through inducing plastic changes in the spinal pathways. Journal of Neurology, Neurological Science and Disorders .
THOMPSON A.K., WOLPAW J.R (2014), Operant conditioning of spinal reflexes: from basic science to clinical therapy, Frontiers in integrative Neuroscience