C’è un malinteso di fondo quando parliamo dei “disturbi cognitivi” del paziente post ictus. Il paziente quando ascolta la parola Riabilitazione Neurocognitiva, ci tiene a precisare che il suo problema è solo motorio, ma che con la testa ci sta.
“Figuriamoci se non so che il paziente con la testa ci sta, la riabilitazione è tutta la mia vita e buona parte dei miei amici sono degli ex pazienti…”
Per quello poi sono costretto a specificare che per processi cognitivi intendo:
- Attenzione
- Memoria
- Percezione
- Capacità di prevedere il movimento
Ovviamente questa specifica da parte mia non aiuta perchè il paziente ribatte con maggiore determinazione, che si ricorda tutto! Pin, numeri di telefono e compleanni.
“Anzi forse dopo l’ictus ricordo anche un po di più” aggiunge spesso.
“Non ho problemi di attenzione, leggo e sono tornato al mio lavoro, e non ho perso la sensibilità”.
La capacità di prevedere il movimento in genere non è pervenuta nella risposta…
Ma l’attenzione di cui parliamo non è quella che serve per seguire un conferenza, è l’attenzione nei confronti del corpo in movimento, la memoria non è quella del pin della carta di credito è la memoria delle sensazioni e delle azioni, la percezione non è quella che se qualcuno ti tocca e ti punge allora senti; è qualcosa di più profondo che ti permette di integrare tutte le informazioni esterne e interne al tuo corpo.
Ma l’unica evidenza di tutto ciò passa per l’esperienza dell’esercizio, allora quando chiedi al paziente di chiudere gli occhi e riconoscere un dito della mano che gli stai muovendo e sbaglia dito o ritarda nella risposta hai una base fondata per discutere sulla percezione, quando chiedi al paziente di contare da 100 a 1 sottraendo 7 di volta in volta si rende conto che tutte le strategie che aveva imparato quando distoglie l’attenzione dal corpo non riesce a mantenerle.
Quando poi durante l’esercizio cerchiamo di ricordare la sensazione generata da un’azione simile compiuta prima dell’ictus ed è veramente difficile riviverla, solo allora il paziente inizia a rendersi conto che la Riabilitazione neurocognitiva non è per chi non ci sta con la testa, ma è un’opportunità per curare i veri problemi causati da un ictus e che sono a loro volta la causa dei problemi di movimento.
Quali sono i rischi di questo Malinteso?
Questo semplificare il problema del paziente in un solo disturbo motorio senza considerare le alterazioni dei processi cognitivi che permettono il movimento, si riflette anche nel mondo clinico, in altre parole il mondo che deve curare il paziente.
Quando vedo un paziente per la prima volta, in linea di massima già conosco il suo percorso riabilitativo, potrà avere alcune caratteristiche individuali, ma la sostanza in genere è sempre la stessa.
Il paziente all’inizio di trova in una condizione definita “flaccida” e non riesce a stare in piedi e nemmeno a controllare il tronco da seduto, inizia a ricevere mobilizzazioni passive degli arti ( inutilmente dolorose nel caso della spalla), poi verrà messo in piedi anche con l’aiuto di due terapisti, uno per lato, quando poi inizierà a comparire la rigidità anche a causa di sforzi eccessivi allora il paziente inizierà a ricevere sessioni di stretching dei muscoli, ma la rigidità in aumento richiederà l’ausilio di un tutore al piede per evitare storte e quindi cadute (molla di Codivilla) e uno per la spalla per cercare di contenere il dolore della spalla. In prossimità della dimissione verrà proposto il botulino per cercare di ridurre la spasticità creatasi durante il ricovero, ma con la richiesta di sottoporsi a ulteriori inoculazioni ogni 4-5 mesi a causa della temporaneità dell’effetto della tossina. Alcuni pazienti ricoverati in strutture di “eccellenza” riceveranno l’intervento del logopedista e del neuropsicologo aggiunti ad un progetto in apparenza multidisciplinare, ma dove ogni professionista dirige la sua attenzione all proprio campo di studio, separando processi cognitivi, corpo e movimento. In genere in queste stesse strutture saranno presenti apparati di robotica che nell’immaginario del paziente rappresentano l’ultima frontiera del progresso, ma come discuteremo in un altro articolo spesso si confonde il progresso scientifico con quello tecnologico. È passato un anno dall’ictus, il fatidico anno oltre il quale a detta dei professionisti il paziente non avrebbe più recuperato (come vedremo il recupero dipende dalla neuroplasticità e non ci sono etichette di scadenza così precise), il paziente si sente anche mediamente soddisfatto del recupero ottenuto perchè considerando da dove era partito, allettato e bloccato in una carrozzina, tutto il suo recupero è stato piuttosto incoraggiante, ma è qui che inizia a rendersi conto che quello stesso modo di fare riabilitazione che nel primo anno lo ha fatto rimettere in piedi, adesso non è più in grado di produrre nuovo recupero e inizia a guardarsi intorno. Chi non ha mai fatto la robotica sente che la soluzione sia li e si danna perchè il Servizio Sanitario Nazionale non la mette a disposizione per tutti, altri con un braccio e gamba tremendamente irrigiditi cercano soluzioni rapide e interventi chirurgici miracolosi, ma ancora un volta rivolti al muscolo e non alla sede del problema: il cervello e i processi cognitivi che stanno alla base del movimento.
un Copione già visto
Utilizzo un termine che mi rendo conto non essere il più gradevole da ascoltare per chi sta vivendo il dramma dell’ictus, ma non ne trovo altri più efficaci: per me questo che ho appena descritto è un “copione”, si proprio come un copione di un dramma, che ha un inizio uno svolgimento e una fine. Amleto per quante volta lo legga ha sempre lo stesso epilogo. Per il paziente è un qualcosa del tutto nuovo e vive gli eventi alla giornata, per me invece è un film visto ormai migliaia di volte, quando visito un paziente già so quali saranno le tappe successive del suo percorso, i benefici, le insidie e le dinamiche familiari ed è per questo che mi dedico a scrivere le mie riflessioni; il mio primo articolo su un blog uscì nel 2008 e se continuo è perché mi rendo conto che molte delle cose che ho scritto, il paziente e il familiare già ne era consapevole ed è stato d’aiuto in molti casi (per cambiare l’esito di un copione già scritto). Infatti se all’inizio visitavo pazienti che avevano provato tutto il possibile immaginabile e dopo 4-5 anni dall’evento, per scrupolo o come ultima spiaggia provavano anche questo della neurocognitiva, negli ultimi anni mi rendo conto che nel nostro programma accedono pazienti anche entro i primi 2 anni e in alcuni casi anche entro l’anno e questo è molto positivo perché ci permette di poter lavorare di anticipo sulla comparsa della spasticità e compensi che poi è possibile correggere solo con molta fatica e tempo.
Prenota una visita On-line
In un altro articolo parleremo della differenza tra una visita in studio e una on-line, perchè so esattamente che il paziente dubita che da una visita on-line il professionista sia in grado di poter valutare con precisione i problemi e il da farsi. Credo che sia normale questo ragionamento, se non avessi fatto questo percorso di studi e non avessi investito la mia carriera nella gestione del paziente anche a distanza avrei pensato lo stesso, ma se con una visita on-line io non fossi in grado di osservare ciò di cui ho bisogno per poter misurare il recupero attuale del paziente e indirizzarlo verso il percorso di cura più adatto sarei il primo a non proporla.
Per prenotare una visita on-line con Valerio Sarmati puoi farlo da questo link.
Se vuoi prima avere maggiori informazioni puoi parlare con la responsabile dell’attenzione al paziente chiamando scrivendo tramite Whatsapp o Email.
Contatti
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Bibliografia
Lurija AR. (1977) Come lavora il cervello. Bologna: Il Mulino Ed.
Lurija AR. (1967) Le funzioni corticali superiori nell’uomo. Firenze: Giunti-Barbera Ed.
Perfetti C. (1986) Condotte terapeutiche per la rieducazione motoria dell’emiplegico. Milano: Ghedini Ed.
Sarmati V. (2020) “InteraMente” Marsalforn, Stroke Therapy Revolution
Chiarissimo e confermo su di me che il percorso che hai descritto è reale. Ora ho incontrato il metodo Perfetti, cerco di parlarne a tutti gli interessati del settore e mi complimento per il tuo lavoro.
Grazie di cuore. Leggerti é un toccasana per corpo, anima, mente.
Buon proseguimento di cammino.
Antonella
Grazie per seguirci Antonella e grazie per aiutarci nel nostro lavoro di divulgazione, in bocca al lupo
Gentilissimo professore , quando riesco trovare tempo , ho iniziato a leggere molto volentieri il suo
diverso approccio con la situazione di questi pazienti . Lei però parla di ictus . Io ho una figlia GCLA
a causa di una devastante emorragie cerebrale sull’ emisfero SX da cui è uscita con totale emiparesi parte destra e AFASIA TOTALE e APRASSIE MULTIPLE , quasi totali .
La mia prima domanda è : i suoi studi interessano anche la situazione o sono cose un pò diverse ?
Caro Luciano, mi dispiace molto per quello che è successo a tua figlia. La GCLA è una Grave Cerebro Lesione Acquisita e l’ictus rientra in questa definizione. Ogni paziente ha la sua gravità, spesso ci si riferisce a gcla quando gli esiti conducono il paziente a una condizione di coma o a disabilità molto gravi. Nel nostro caso specifico, il programma di riabilitazione home-based che menzioniamo nelle nostre pagine non è adatto se il paziente è in coma, ma se è vigile anche se con afasia invece rientra nel quadro dei casi che possiamo aiutare.