Questo articolo è tanto inutile quanto ovvio ed il suo titolo ne è la dimostrazione: studiare con i libri. È ovvio che è necessario studiare con i libri ed è inutile dire che chi si occupa di riabilitazione e quindi ha a che fare con l’uomo e la sua vita nel mondo, non possa smettere mai di studiare. Per questo l’inutilità è l’ovvietà spesso vanno a braccetto con l’incredulità, quella che provo entrando in contatto con molti allievi e colleghi che non studiano con i libri o che lo fanno con grande fatica.
Quelli che non possono fare a meno di immergersi nella lettura e ne sono addirittura dipendenti sono portati a guardare con diffidenza chi non ha la stessa spinta compulsiva allo studio e forse anche con una punta di disprezzo, ma sento comunque il bisogno di comprendere la natura di questo strappo tra il riabilitatore che studia con i libri e non può farne a meno e quello che nonostante condivida la stessa teoria riabilitativa, vive lo studio con difficoltà nascondendosi dietro l’alibi della mancanza di tempo.
Un articolo decisamente inutile se non fosse che io stesso, che oggi ritengo un giorno perso quel giorno in cui non riesco a leggere almeno una pagina di un libro, sono stato allergico alla lettura e allo studio. Il mio profitto scolastico dalle elementari all’università è sempre stato mediocre e vedevo lettura come un mero mezzo per raggiungere l’obiettivo della sufficienza e progredire in una vuota e noiosa carriera scolastica. Mia madre, cui oggi invidio la sua bellissima libreria, disperata le aveva provate tutte per farmi leggere, era arrivata anche a sottoscrivere un accordo dove mi avrebbe pagato un tot per pagina di ogni libro letto, credo fossero 200 lire a pagina, a patto che al termine del libro le avessi raccontato la storia letta, ma neanche questo business da capogiro per un adolescente e il desiderio di avere qualche soldino in più nelle tasche aveva cambiato le sorti di un rapporto così conflittuale con la lettura.
Non leggevo perché ritenevo che non ci fosse niente di interessante in quei libri, non leggevo perché non ne sentivo il bisogno, non cercavo niente, non avevo nessuna necessità e quindi non c’era utilità di perdere tempo sui libri. Oggi che ho a che fare con molti colleghi e allievi che vogliono imparare la riabilitazione neurocognitiva, mi trovo con alcuni di loro, nella posizione di incredulità e dispiacere che provava mia madre nel non vedermi leggere ed è per questo che scrivo questo articolo inutile, per cercare di comprenderne le ragioni e come ispirarli ad accedere al mondo della lettura e liberarsi dall’alibi della mancanza di tempo.
Il mio passaggio da odiatore seriale di libri ad amante dello studio è avvenuto quando ho conosciuto il pensiero di Carlo Perfetti alla fine del mio percorso universitario, sono stato costretto a leggere alcuni suoi libri per redigere la tesi. Il cambiamento non è stato graduale è avvenuto dal giorno alla notte, grazie a un libro che è stata la mia fortuna: “Immagine motoria come strumento dell’esercizio terapeutico” di Paola Reggiani con introduzione di Carlo Perfetti. Lo scossone è avvenuto perché quel libro non solo mi permetteva di capire meglio i miei pazienti e come aiutarli, ma mi aiutava a capire meglio il funzionamento di me stesso. È ovvio che ciò che studiamo per comprendere i nostri pazienti si riflette sul modo che abbiamo di comprendere noi stessi e viceversa. Questa spinta, forse anche egoistica di comprendere l’uomo e la sua vita nel mondo e inevitabilmente identificarsi continuamente con quell’uomo, mi ha proiettato verso un punto di non ritorno, dove la lettura non era più uno strumento o un mezzo per migliorare la mia professione, ma diventava il fine stesso della mia vita.
Vorrei conoscere anche la vostra opinione,: quale è stato il vostro punto di non ritorno, quando vi siete resi conto che lo studio della riabilitazione neurocognitiva vi è sfuggito di mano e da studio si è trasformato in vita? C’è stato un libro ha sancito questo passaggio? Che state leggendo adesso? Cosa leggerete domani?