Si può avere un ictus senza accorgersene? Sì, esistono i cosiddetti “ictus silenziosi”, episodi in cui si verifica un danno cerebrale da ictus senza sintomi evidenti. In altre parole, il cervello subisce un attacco ischemico (un’interruzione del flusso di sangue ossigenato in una parte del cervello) ma la persona non manifesta i classici segni clinici dell’ictus. Questa condizione può passare inosservata, ma ha un’enorme rilevanza dal punto di vista medico: anche senza una manifestazione acuta riconoscibile, un ictus silenzioso provoca la morte di cellule nervose (neuroni) in un’area del cervello, lasciando esiti permanenti. Studi indicano che gli ictus silenziosi sono addirittura molto più frequenti degli ictus con sintomi – si stima possano essere diverse volte più comuni.
Ad esempio, analisi su persone anziane hanno rivelato che circa 1 individuo su 3 oltre i 65 anni presenta tracce di ictus silenti al cervello senza saperlo.
Dunque, anche se “silenziosi”, questi ictus non sono affatto irrilevanti: possono accumularsi nel tempo, contribuendo a deficit neurologici e aumentando il rischio di ictus maggiori. In questo articolo esploreremo cosa sono gli ictus silenziosi, perché possono avvenire senza sintomi, chi è più a rischio, quali effetti possono avere (su memoria, linguaggio e altre funzioni), come vengono diagnosticati e soprattutto come prevenirli. L’obiettivo è fare chiarezza su questa patologia subdola con un linguaggio accessibile ma scientificamente accurato, per aumentare la consapevolezza su un tema importante per la salute del nostro cervello e del sistema nervoso centrale.
Cos’è un ictus silenzioso?
Un ictus è un episodio in cui l’apporto di sangue (e quindi di ossigeno) a una parte del cervello viene interrotto, causando la morte del tessuto nervoso in quella parte. In genere distinguiamo due tipi principali di ictus: l’ictus ischemico (il più comune, circa l’80% dei casi) dovuto al blocco di un’arteria cerebrale da parte di un coagulo di sangue, e l’ictus emorragico (circa 15-20% dei casi) dovuto alla rottura di un vaso e fuoriuscita di sangue nel tessuto cerebrale. Nel caso dell’ictus ischemico, il flusso sanguigno si arresta perché un trombo (coagulo) occlude un’arteria o un vaso sanguigno cerebrale, impedendo al sangue – il liquido vitale che trasporta ossigeno e nutrienti – di raggiungere le cellule cerebrali a valle. Senza ossigeno, i neuroni di quell’area iniziano a morire (un danno chiamato infarto cerebrale). Questo processo provoca tipicamente sintomi improvvisi: ad esempio debolezza o paralisi di un lato del corpo, difficoltà a parlare, perdita di vista da un occhio, forte mal di testa, ecc. – sono i classici segni di un ictus “tradizionale”.
Ma un ictus silenzioso è diverso. Viene definito “silenzioso” proprio perché non presenta sintomi evidenti o riconoscibili. In sostanza, si tratta di un piccolo ictus ischemico (o talvolta una piccola emorragia) che colpisce una zona del cervello che “non controlla direttamente funzioni visibili”.
Ciò significa che l’area lesionata non sovrintende a movimenti, linguaggio, vista o altre funzioni che notiamo nella vita quotidiana; di conseguenza la persona non si accorge di nulla di strano durante o dopo l’evento. Dal punto di vista clinico, dunque, l’ictus silenzioso è un danno cerebrale asintomatico dovuto a un’interruzione temporanea del flusso sanguigno. Spesso questi piccoli infarti cerebrali (chiamati anche infarti lacunari quando riguardano piccole arterie profonde) vengono scoperti solo per caso, ad esempio tramite una risonanza magnetica fatta per altri motivi.
È importante non confondere l’ictus silenzioso con un attacco ischemico transitorio (TIA). Un TIA è un “mini-ictus” in cui si hanno sintomi neurologici simili a quelli di un ictus (ad es. difficoltà a parlare, debolezza, disturbi visivi), ma che si risolvono nell’arco di pochi minuti o ore senza lasciare danni permanenti. Il TIA è sintomatico (anche se i sintomi durano poco) e indica un grave campanello d’allarme, mentre un ictus silenzioso non dà alcun sintomo nel momento in cui avviene, però lascia una lesione nel cervello. In pratica: nel TIA i sintomi compaiono ma sono temporanei (per questo si chiama “transitorio”), nell’ictus silenzioso nessun sintomo viene percepito, ma c’è comunque un danno cerebrale reale, visibile con esami diagnostici. Entrambi, sia TIA che ictus silenti, sono indicatori di problemi vascolari e fattori di rischio per ictus maggiori in futuro.
Perché può avvenire senza sintomi?
Come può un danno così serio come un ictus non dare segnali? I motivi risiedono in diversi fattori. Anzitutto, dipende dalla localizzazione dell’ictus: se l’interruzione di sangue avviene in un’area “non eloquente” del cervello – cioè che non ha una funzione facilmente osservabile – la persona non noterà alcuna disfunzione immediata. Il nostro cervello ha zone “silenziose” dal punto di vista clinico: ad esempio piccole aree della sostanza bianca o zone profonde che, se lesionate, non producono sintomi chiari come una paralisi o un disturbo del linguaggio. In un ictus silente, il danno colpisce proprio una di queste zone, mascherando la manifestazione.
Un altro fattore è la dimensione dell’ictus. Ictus molto piccoli (talvolta chiamati micro-ictus) possono non essere sufficienti a causare deficit immediatamente percepibili. Ad esempio, un minuscolo coagulo che occlude un rametto arterioso molto piccolo può uccidere un piccolo gruppo di neuroni senza però intaccare abbastanza funzione da rendere la perdita evidente nella vita quotidiana. È un po’ come perdere un singolo pixel in un grande schermo: il danno c’è, ma ad occhio nudo l’immagine sembra invariata. Inoltre il cervello possiede una certa plasticità e ridondanza: spesso altre aree intorno possono compensare parzialmente il deficit funzionale di una zona piccola lesionata, almeno nel breve termine.
Va anche considerato che alcuni ictus silenziosi possono avere sintomi talmente vaghi o passeggeri da non essere riconosciuti come sintomi di ictus. Talvolta la persona può aver avvertito un leggero senso di confusione, uno stordimento momentaneo, un attimo di difficoltà nel mantenere l’equilibrio o un offuscamento della memoria, episodi però brevissimi che vengono attribuiti ad altre cause (stanchezza, calo di pressione, “un momento di distrazione”, ecc.). In altri casi l’ictus può avvenire durante il sonno: la persona non sente nulla e al risveglio sta apparentemente bene, magari con un lieve mal di testa o un piccolo senso di affaticamento mentale che non desta preoccupazione. Questi segni sottili vengono ignorati o interpretati come normali acciacchi. Un recente studio dell’American Heart Association ha evidenziato proprio che a volte qualche sintomo durante un ictus silenzioso in realtà si verifica, ma non viene riconosciuto come tale.
Per esempio, piccoli problemi di equilibrio, un momento di linguaggio confuso o un arto insolitamente “impreciso” per qualche ora possono essere sintomi minimi di un ictus silente, scambiati per semplice invecchiamento o stress.
In sintesi, un ictus silenzioso “passa sotto il radar” perché colpisce in modo limitato (per sede o entità) e non scatena difficoltà evidenti. Purtroppo, il fatto che non dia allarme porta a non ricevere cure immediate (nessuno chiama il pronto soccorso perché nessuno si accorge dell’attacco cerebrale in corso), e quindi il danno, seppur piccolo, resta non trattato. Col tempo, questi piccoli danni possono sommarsi senza che la persona ne sia consapevole, finché le conseguenze non diventano visibili in modo più grave.
Chi è a rischio?
Gli ictus silenziosi condividono molti fattori di rischio con gli ictus “classici” con sintomi. In generale, chiunque abbia predisposizione a malattie cerebrovascolari può andare incontro anche a eventi silenti. Vediamo i principali fattori predisponenti e condizioni correlate:
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Età avanzata: Il rischio di ictus (inclusi quelli silenti) aumenta con l’età. Gli anziani sono particolarmente vulnerabili. Dopo i 65-70 anni la maggior parte delle persone mostra qualche lesione ischemica cerebrale silente. Questo accade perché con l’età i vasi sanguigni diventano meno elastici e più soggetti a danni (aterosclerosi, calcificazioni) e il cervello diventa più fragile.
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Ipertensione arteriosa (pressione alta): È uno dei fattori di rischio maggiori per ogni tipo di ictus. Una pressione costantemente elevata danneggia la parete delle arterie cerebrali e dei piccoli vasi, favorendo la formazione di occlusioni e piccoli infarti profondi. L’ipertensione può causare nel tempo riduzione del calibro arterioso e micro-aneurismi, predisponendo sia a ictus silenti ischemici che a piccole emorragie.
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Diabete mellito: Il diabete è una patologia che colpisce i vasi sanguigni a livello sistemico. La glicemia alta cronica causa danni endoteliali e accelera i processi aterosclerotici, in modo simile (e aggiuntivo) all’ipertensione. Di conseguenza i diabetici hanno elevato rischio di ictus, inclusi quelli silenti. Inoltre il diabete può portare a microangiopatia (danno dei vasi più piccoli) nel cervello.
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OSAS (Sindrome delle apnee ostruttive del sonno): È forse un fattore di rischio meno noto, ma sempre più studi lo collegano agli ictus silenziosi. L’OSAS è la condizione caratterizzata da apnee notturne ripetute durante il sonno – ovvero pause respiratorie di alcuni secondi causate dal collasso delle vie aeree superiori. Queste apnee portano a bruschi cali di ossigeno nel sangue e risvegli brevi che frammentano il sonno. Le conseguenze includono oscillazioni della pressione (ipertensione notturna) e infiammazione vascolare. Dal punto di vista vascolare, l’OSAS rappresenta un forte fattore di rischio: in uno studio è risultata presente in oltre il 50% dei pazienti che avevano subìto ictus silenti.
Addirittura, più di un terzo dei pazienti con lesioni della sostanza bianca (segno di micro-danni cerebrali) presentava OSAS severa. Questo collegamento significa che chi soffre di apnee notturne ha più probabilità di avere piccoli ictus non diagnosticati. L’OSAS spesso resta non diagnosticata a lungo (molte persone russano e hanno apnee senza saperlo), quindi è un fattore subdolo.
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Aterosclerosi: L’aterosclerosi – ovvero l’accumulo di placche di colesterolo e grassi nella parete delle arterie – è alla base di molti ictus ischemici. Placche nelle carotidi o nelle arterie cerebrali possono causare riduzione del flusso o distacco di emboli (frammenti di placca o coaguli) che vanno a ostruire piccoli vasi nel cervello. Anche senza provocare un ictus devastante, queste occlusioni possono causare micro-ictus silenti. Inoltre l’aterosclerosi generalizzata indica un albero vascolare malato, quindi se sono presenti placche nelle coronarie o carotidi, il cervello può subire danni circolatori cronici.
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Patologie cardiovascolari (cuore): Le malattie del cuore possono aumentare gli ictus sia maggiori che silenti. In particolare, la fibrillazione atriale (un’aritmia cardiaca) è nota per generare coaguli nel cuore che possono migrare al cervello. Anche piccoli emboli causati da fibrillazione o da altre aritmie, difetti valvolari, endocardite, ecc., possono bloccare arteriole cerebrali causando ictus di piccole dimensioni che restano clinicamente silenti. Inoltre, un cuore malato (scompenso cardiaco, ridotta gittata) può significare minore perfusione cerebrale e predisposizione a lesioni ischemiche.
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Fattori di rischio generali dello stile di vita: Fumo di sigaretta, colesterolo alto, obesità, sedentarietà – tutti i classici fattori di rischio vascolare – si applicano anche qui. Il fumo rende il sangue più coagulabile e danneggia i vasi (aumenta il rischio di piccoli blocchi circolatori), l’ipercolesterolemia favorisce l’aterosclerosi, l’obesità spesso si accompagna a pressione alta e diabete, la vita sedentaria indebolisce il sistema cardiovascolare. In genere, la combinazione di più fattori moltiplica il rischio complessivo. Ad esempio, la cosiddetta sindrome metabolica (sovrappeso + ipertensione + glicemia alta + colesterolo alto) è associata a incidenza molto maggiore di ictus, anche silenti.
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Precedenti ictus o TIA: Chi ha già avuto un ictus maggiore o un TIA ha una probabilità alta di aver avuto anche ictus silenti o di svilupparne in futuro. Spesso le persone colpite da un ictus, se sottoposte a risonanza magnetica, mostrano “cicatrici” di vecchi micro-infarti cerebrali di cui non erano a conoscenza. Questo perché i casi di ictus silenzioso possono precedere un ictus clinico, segnalando che esisteva già una fragilità vascolare. Analogamente, chi ha avuto un TIA (un campanello d’allarme) è a rischio di avere sia ictus maggiori che ictus silenti se i fattori predisponenti non vengono corretti.
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Demenza e malattia di Alzheimer: Curiosamente, studi recenti suggeriscono un legame bidirezionale tra ictus silenziosi e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Da un lato, le persone affette da malattia di Alzheimer hanno mostrato una maggiore incidenza di ictus (in uno studio, pazienti con Alzheimer avevano un rischio di ictus più alto rispetto a coetanei senza Alzheimer). Questo potrebbe essere dovuto a alterazioni vascolari associate alla patologia di Alzheimer (ad esempio angiopatia amiloide cerebrale) o allo stato infiammatorio che facilita danni vascolari. Dall’altro lato, la presenza di multipli ictus silenti può contribuire a un declino cognitivo più rapido, sommando danno vascolare alla patologia neurodegenerativa. In pratica, un cervello già indebolito dall’Alzheimer è più suscettibile agli ictus silenti, e viceversa i micro-ictus peggiorano la memoria e le funzioni cognitive, anticipando una demenza conclamata.

Come si evince, i fattori di rischio di un ictus silenzioso sono gli stessi che per un ictus sintomatico. La tabella seguente riassume i principali fattori di rischio e il loro impatto:
Fattore di Rischio |
Impatto sul rischio di ictus silenzioso |
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Età avanzata |
Rischio crescente con l’età (lesioni silenti nel 30-40% degli over 70). |
Ipertensione arteriosa |
Danneggia i vasi cerebrali (microangiopatia); principale causa di piccoli infarti lacunari. |
Diabete mellito |
Danno endoteliale diffuso simile all’ipertensione; accelera l’aterosclerosi cerebrale. |
OSAS (Apnee ostruttive nel sonno) |
Causando ipossia intermittente e sbalzi pressori notturni, aumenta di molto il rischio di lesioni ischemiche silenti. |
Aterosclerosi |
Placche nei vasi (es. carotidi) possono rilasciare micro-emboli o ridurre il flusso, causando micro-ictus. |
Cardiopatie (es. fibrillazione) |
Aritmie e difetti cardiaci possono inviare piccoli coaguli al cervello (embolie silenti). |
Fumo di sigaretta |
Effetto pro-coagulante e infiammazione vascolare; aumenta la probabilità di occlusioni microvascolari. |
Colesterolo alto |
Favorisce l’aterosclerosi cerebrale; indirettamente incrementa il rischio di ictus (anche muti). |
Storia familiare/genetica |
Predisposizione ereditaria a malattie cardiovascolari; fattore non modificabile. |
Precedente ictus o TIA |
Indica vulnerabilità vascolare: il cervello potrebbe aver già subito o subire altri ictus silenti. |
Demenza/Alzheimer |
Spesso coesistono lesioni vascolari silenti nei pazienti con demenza; cervello più vulnerabile a ulteriori danni. |
Nota: Molti di questi fattori sono modificabili (pressione, diabete, fumo, colesterolo, OSAS) tramite terapie e cambiamenti dello stile di vita. Intervenire su di essi può ridurre drasticamente il rischio, come vedremo più avanti.
Le conseguenze dell’ictus silenzioso
Viene da chiedersi: se un ictus è “silenzioso” e non causa sintomi immediati, che conseguenze ha? È davvero così importante? La risposta è sì: le conseguenze possono esserci eccome, anche se spesso subdole e di tipo cronico. Un singolo ictus silente molto piccolo potrebbe non avere effetti apprezzabili a breve termine, ma rimane comunque un pezzo di cervello danneggiato definitivamente. Quella piccola area di tessuto cerebrale muore (infarto) e viene sostituita da una microscopica cicatrice o area di gliosi (sostanza non-funzionale). Se il danno coinvolge funzioni ridondanti, le reti neurali possono compensare, ma alla lunga questi “buchi” nel circuito cerebrale si fanno sentire.
La memoria e le funzioni cognitive superiori sono tra le prime vittime di ictus silenti multipli. Infatti, spesso gli ictus silenti colpiscono regioni profonde o la sostanza bianca, interrompendo le connessioni tra le varie parti del cervello. Questo può portare a disturbi cognitivi: lievi all’inizio, ma più marcati man mano che si accumulano lesioni. La persona può sviluppare problemi di memoria a breve termine (dimenticanze, “vuoti” di memoria), difficoltà di attenzione e concentrazione, rallentamento nel ragionamento e nei processi mentali complessi. Questi sintomi possono essere scambiati per un normale invecchiamento, ma in realtà riflettono un danno organico. Nel tempo, se continuano a verificarsi ictus silenti, si può arrivare alla demenza vascolare: una forma di deterioramento cognitivo causata da multipli infarti cerebrali. La demenza vascolare è la seconda forma di demenza più comune dopo l’Alzheimer, e spesso i due tipi coesistono. Molti pazienti anziani presentano infatti una demenza mista in cui alla patologia di Alzheimer si sommano i danni da ictus (anche silenti). In questi casi il declino cognitivo è più grave di quanto sarebbe con il solo Alzheimer, a conferma che i piccoli ictus hanno un impatto significativo.
Oltre alla memoria, anche altre funzioni neurologiche possono essere colpite in modo sottile dagli ictus silenti. Per esempio:
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Linguaggio: Un micro-infarto in un’area marginale del circuito del linguaggio potrebbe non dare afasia acuta, ma magari può contribuire a qualche lieve difficoltà nel trovare le parole o nel seguire conversazioni molto complesse. Non abbastanza da allarmare subito, ma un piccolo deficit che peggiora con ulteriori danni.
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Umore e comportamento: Lesioni vascolari piccole possono alterare i circuiti che regolano l’umore e la personalità. Alcune persone con ictus silenti multipli sviluppano cambiamenti di personalità, apatia, lievi depressioni o irritabilità aumentata. Anche questi possono sembrare “capricci” o invecchiamento caratteriale, ma hanno una base organica.
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Capacità motorie fini ed equilibrio: Più ictus silenti nella sostanza bianca possono causare un rallentamento dei movimenti, lieve incertezza nel camminare (andatura più instabile) o nella coordinazione. L’individuo può iniziare ad avere qualche difficoltà nelle attività quotidiane che richiedono destrezza (allacciare bottoni, scrivere a mano, ecc.) o incorrere in piccoli inciampi e cadute più spesso. Spesso ciò viene attribuito a “età che avanza” o a problemi ortopedici, senza collegarlo al cervello, ma in molti casi sono effetti di micro-ictus.
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Disturbi del sonno e altre funzioni autonome: Piccoli infarti in aree profonde possono influenzare i ritmi sonno-veglia o funzioni automatiche. Ad esempio, alcuni pazienti con lesioni silenti multiple riportano disturbi nel sonno (insonnia o sonnolenza diurna) o lievi problemi di controllo della vescica (urgenza minzionale, qualche episodio di incontinenza urinaria notturna). Questi sintomi “invisibili” per gli altri possono compromettere la qualità di vita.

Un aspetto cruciale è che gli ictus silenziosi predispongono a ictus clinici maggiori. Essi sono un segnale che c’è una condizione patologica in atto (ipertensione, fibrillazione, ecc.) che sta già danneggiando il cervello. Una persona con lesioni ischemiche silenti ha probabilmente arterie cerebrali fragili; se un giorno un vaso più grande si occlude, può avvenire un ictus con sintomi gravi. Infatti gli ictus silenziosi sono considerati un fattore di rischio indipendente per futuri ictus clinici. Inoltre, ogni ictus silente “aggiunge” un carico alla riserva neurologica: il cervello può compensare un piccolo danno, ma se i danni diventano tanti, alla fine anche una lesione in più – che magari di per sé sarebbe stata silente – può far superare una soglia critica e manifestare disabilità. In altre parole, gli effetti degli ictus silenti sono cumulativi: sommando molti piccoli colpi si può ottenere un grande impatto (la cosiddetta “morte neurologica a piccoli passi”).
In sintesi, un ictus silenzioso non è innocuo. Le sue conseguenze includono: declino cognitivo progressivo (fino alla demenza), alterazioni dell’umore, lievi disfunzioni motorie o sensitive, e maggiore probabilità di un ictus devastante in futuro. Per questo è fondamentale non trascurare la prevenzione e, se si scopre di aver avuto ictus silenti, correre ai ripari per evitare ulteriori danni.
Diagnosi
Come possiamo scoprire un ictus silenzioso, dato che non dà sintomi? L’unico modo per individuarlo è attraverso esami diagnostici cerebrali, in particolare tecniche di imaging. Il gold standard è la risonanza magnetica (RM) cerebrale: questa indagine è in grado di visualizzare anche lesioni molto piccole nel parenchima cerebrale. Spesso gli ictus silenti appaiono alla risonanza come piccoli punti luminosi o aree di tessuto cicatriziale nella sostanza bianca o grigia del cervello. Ad esempio, in sequenze particolari come FLAIR o T2, si evidenziano come “macchie” bianche (chiamate leucoaraiosi o gliosi) indicanti zone dove i neuroni sono morti. Un neurologo può riconoscere queste lesioni come esiti di pregressi infarti cerebrali. Talvolta si osservano anche minuscole aree di depositi di ferro o micro-sanguinamenti (indice di micro-emorragie silenti). Insomma, la neuroimaging è la chiave: un’RM mostra i segni che un ictus silenzioso c’è stato, anche anni dopo. Anche la TAC (tomografia assiale computerizzata) può rivelare infarti pregressi, ma rispetto alla risonanza magnetica è meno sensibile per lesioni molto piccole.
In pratica, molte diagnosi di ictus silenzioso avvengono “a posteriori”. Succede spesso così: una persona si sottopone a un esame cerebrale per tutt’altro motivo (es. cefalea persistente, disturbi cognitivi lievi, trauma cranico, controlli per altre malattie) e dal referto emerge la presenza di “esiti gliotici compatibili con pregressi eventi ischemici”. In assenza di qualunque storia di sintomi neurologici acuti, questi reperti indicano appunto ictus passati inosservati. A volte è proprio la comparsa di problemi di memoria o concentrazione che spinge il medico a richiedere un’RMN, scoprendo così che ci sono state piccole ischemie cerebrali multiple. Un’altra situazione comune è il riscontro di lesioni silenti in pazienti che hanno avuto un TIA o un piccolo ictus sintomatico: durante gli accertamenti, la risonanza evidenzia non solo la lesione recente responsabile dei sintomi, ma anche altre lesioni più vecchie di cui il paziente non sapeva nulla.
Oltre alle tecniche di imaging, non esiste un “test” clinico specifico per diagnosticare un ictus silenzioso. Esami neurologici e neuropsicologici possono rilevare sottili deficit cognitivi o motori che suggeriscono la presenza di lesioni cerebrali, ma per confermare la causa ischemica silente serve comunque l’imaging. In certi casi, i medici possono utilizzare esami del sangue e altri test per cercare indizi di eventi vascolari (ad esempio marker infiammatori, indagini su coagulazione), ma questi non danno una diagnosi definitiva di ictus pregresso.
È importante anche indagare le cause una volta scoperto un ictus silenzioso. Se tramite RM si diagnosticano lesioni ischemiche compatibili con ictus passati, lo specialista normalmente procederà con ulteriori esami per capire l’origine: ad esempio un ecocolordoppler dei tronchi sovraortici (per valutare le carotidi e l’aterosclerosi), un ecocardiogramma e/o un ECG Holter (per cercare fibrillazione atriale o altre fonti cardiogene di emboli), monitoraggio pressorio, esami metabolici (glicemia, colesterolo), studio del profilo coagulativo. In alcuni casi può essere indicata un’indagine del sistema nervoso centrale attraverso puntura lombare (analisi del liquido cefalorachidiano) se si sospettano infiammazioni, ma per i classici ictus silenti vascolari di solito non serve. Queste indagini servono più che altro a impostare poi una prevenzione mirata.
Riassumendo, la risonanza magnetica cerebrale è lo strumento principe per “dare voce” agli ictus silenziosi, rendendo visibili le tracce che hanno lasciato. È grazie a questa tecnologia (che usa campi magnetici e onde radio per generare immagini dettagliate del cervello) che la medicina moderna ha scoperto quanto siano diffusi gli ictus asintomatici. Infatti, studi su larga scala con risonanze fatte a campioni di popolazione hanno rivelato percentuali sorprendenti di persone con lesioni cerebrali ischemiche non diagnosticate prima. Questa consapevolezza ha reso evidente l’importanza di diagnosticare e soprattutto prevenire anche gli ictus “silenti” e non solo quelli eclatanti.
Prevenzione e trattamento
La buona notizia è che tutto ciò che facciamo per prevenire gli ictus “visibili” vale anche per quelli silenziosi – anzi, spesso la prevenzione degli ictus silenti coincide con la prevenzione del declino cognitivo e delle disabilità neurologiche in età avanzata. Prevenire significa intervenire sui fattori di rischio modificabili e adottare uno stile di vita sano. Vediamo le strategie principali:
1. Controllo dei fattori di rischio medici:
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Ipertensione: Mantenere la pressione arteriosa nei limiti normali (circa <130/80 mmHg, secondo le linee guida) è fondamentale. Ciò può richiedere terapia antipertensiva (farmaci) e modifiche alimentari (dieta povera di sale, ricca di frutta/verdura come nel modello DASH). Abbassare la pressione riduce significativamente il rischio sia di ictus maggiori che di lesioni silenti.
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Diabete: Un buon controllo della glicemia mediante dieta, esercizio e farmaci (se necessari) protegge i vasi sanguigni dal danno cronico. Tenere l’emoglobina glicata nei target consigliati e evitare picchi glicemici aiuta a prevenire microangiopatia cerebrale.
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Colesterolo: Gestire il colesterolo alto con dieta e/o farmaci (es. statine) riduce la progressione dell’aterosclerosi. Meno placche significano minor blocco potenziale dei vasi. Le statine, oltre a ridurre il colesterolo LDL, hanno effetti benefici sull’endotelio e stabilizzano le placche esistenti, diminuendo il rischio che si frammentino causando coaguli.
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Fibrillazione atriale e cardiopatie: In chi ha fibrillazione atriale o altre condizioni cardiache a rischio emboli, il medico potrà prescrivere terapia anticoagulante o antiaggregante per prevenire la formazione di coaguli che possano viaggiare al cervello. Ad esempio, farmaci come il Warfarin o i nuovi anticoagulanti orali (NAO) riducono molto il rischio di ictus (e quindi anche di micro-embolie silenti) nei pazienti con fibrillazione atriale. Allo stesso modo, trattare tempestivamente un eventuale TIA o infarto miocardico con le terapie adeguate evita strascichi tromboembolici.
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OSAS (apnee notturne): Se si soffre di OSAS, è importante intraprendere le cure specifiche. Il trattamento standard è l’utilizzo di CPAP notturna (un dispositivo a pressione positiva che tiene aperte le vie aeree durante il sonno) e interventi sullo stile di vita (dimagrimento, evitare alcol e sedativi la sera). Trattando le apnee, si riducono quelle pericolose oscillazioni di ossigeno e pressione che danneggiano il cervello. L’OSAS va riconosciuta (attraverso polisonnografia) e trattata come un qualunque fattore di rischio vascolare.

2. Stile di vita sano:
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Alimentazione equilibrata: Seguire una dieta ricca di verdure, frutta, cereali integrali, pesce, olio d’oliva (stile dieta mediterranea) aiuta a mantenere sani i vasi. Allo stesso tempo, limitare i grassi saturi, gli zuccheri semplici e il sale aiuta a controllare colesterolo e pressione. Un’alimentazione corretta fornisce anche antiossidanti e micronutrienti utili per la salute cerebrale.
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Attività fisica: L’esercizio fisico regolare è uno dei più potenti alleati del cervello. Numerosi studi hanno dimostrato benefici enormi del movimento sulla prevenzione degli ictus. In particolare, fare attività aerobica moderata-intensa (come camminata veloce, corsa leggera, nuoto, bicicletta) per almeno 150 minuti a settimana migliora la circolazione e riduce i fattori di rischio. Una ricerca pubblicata sulla rivista Neurology ha rilevato che gli anziani che svolgevano esercizio moderato/intenso regolarmente avevano un rischio inferiore del 40% di incorrere in ictus silenziosi rispetto a quelli sedentari.
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Lo studio in questione ha coinvolto oltre 1.200 persone senza storia di ictus, sottoposte a risonanza dopo anni di follow-up: chi faceva movimento presentava molte meno lesioni cerebrali silenti. L’attività fisica, inoltre, aiuta controllo del peso, pressione, umore e sonno – tutti elementi che indirettamente proteggono il cervello. Anche un esercizio leggero è benefico (non bisogna spaventarsi: iniziare con camminate quotidiane è già utile), ma l’ideale è arrivare a esercizi di intensità moderata compatibilmente con la propria condizione fisica. Sempre meglio consultare il medico prima di iniziare un nuovo programma di allenamento, soprattutto se si hanno patologie.
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Niente fumo: Smettere di fumare è essenziale. Il fumo è uno dei peggiori nemici dei vasi: provoca infiammazione, favorisce trombosi e riduce l’ossigeno nel sangue. Smettere di fumare a qualsiasi età porta benefici quasi immediati sulla salute cardiovascolare. Dopo qualche anno di astensione dal fumo, il rischio di ictus si riduce drasticamente rispetto a quando si fumava.
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Moderazione con l’alcol: Un consumo eccessivo di alcol può alzare la pressione e danneggiare fegato e cuore, influenzando anche il cervello. Un bicchiere di vino rosso ai pasti può avere effetti protettivi (antiossidanti), ma l’importante è mantenersi entro limiti moderati e non binge-drinking.
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Peso forma e sonno adeguato: Mantenere un peso sano riduce la pressione e il rischio di diabete. Inoltre, dormire un numero sufficiente di ore (7-8 per gli adulti) con un sonno di qualità è importante per la salute cerebrale: il cervello durante il sonno attiva processi di “pulizia” (eliminazione di scorie metaboliche nel liquido interstiziale cerebrale) che fanno bene alle arterie cerebrali. In più, un buon sonno aiuta a controllare pressione e metabolismo.

3. Trattamenti medici preventivi:
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Se durante un controllo o per caso vengono individuati ictus silenti nel cervello, il medico potrebbe consigliare terapie preventive simili a quelle post-ictus clinico. Ad esempio, spesso si prescrive un antiaggregante piastrinico come aspirina a basse dosi per rendere il sangue più fluido e prevenire la formazione di nuovi coaguli (specie se ci sono evidenze di piccole ischemie già avvenute). Oppure, in base alla causa, un anticoagulante in caso di fibrillazione atriale, come detto.
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Viene posta molta enfasi anche sul controllo aggressivo della pressione in pazienti con lesioni silenti: potrebbe essere indicato aumentare la terapia antipertensiva per portare i valori pressori a target più stringenti, in modo da evitare ulteriori danni. Lo stesso vale per la gestione della glicemia e dei lipidi: ad esempio l’inizio di una statina anche se il colesterolo non è altissimo può essere valutato se ci sono lesioni cerebrali, per l’effetto protettivo vascolare del farmaco.
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In alcuni casi, se si individuano cause specifiche, si interviene direttamente: per esempio, stenosi carotidea significativa (restringimento dell’arteria carotide) – anche se non ha ancora causato un ictus evidente, può aver causato microembolie, quindi il chirurgo vascolare potrebbe proporre un’endarterectomia carotidea (pulizia della placca) o posizionamento di uno stent per prevenire ictus futuri.
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Non esistono al momento trattamenti per “riparare” il danno di un ictus silenzioso dopo che è avvenuto – le cellule morte purtroppo non si recuperano. Tuttavia, se ci sono conseguenze (ad esempio lievi deficit cognitivi o motori), possono essere utili approcci riabilitativi: neuropsicologia e training cognitivo per migliorare la memoria e l’attenzione, fisioterapia o esercizi di equilibrio per ridurre il rischio di cadute, logopedia se c’è un leggero coinvolgimento del linguaggio, ecc. Anche integratori vasoprotettivi o farmaci neurotrofici vengono talvolta impiegati come coadiuvanti, sebbene l’evidenza della loro efficacia sia limitata.

4. Monitoraggio nel tempo:
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Chi sa di avere fattori di rischio elevati o ha già evidenza di lesioni silenti dovrebbe effettuare controlli medici regolari. Questo include visite di controllo della pressione, esami del sangue periodici (glicemia, colesterolo), controlli cardiologici se indicato, e seguire scrupolosamente le terapie prescritte per le proprie patologie croniche (ipertensione, diabete, etc.).
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In alcuni casi il neurologo potrà consigliare di ripetere una risonanza magnetica a distanza di anni per valutare se ci sono nuove lesioni o un avanzamento della patologia dei piccoli vasi. Ciò può essere utile specialmente se vi è un peggioramento clinico (ad es. peggiora la memoria: si fa una nuova RM per vedere se sono comparsi nuovi infarti silenti).
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È importante anche coinvolgere familiari e caregiver: spesso la persona a rischio può non notare piccoli segnali di decadimento (perché graduali), mentre chi le sta vicino può accorgersi di cambiamenti e incoraggiare la persona a parlarne col medico. Ad esempio, se un anziano inizia ad essere più smemorato o instabile nel camminare, potrebbe essere utile uno screening neurologico in cerca di possibili ictus silenti.

In definitiva, la prevenzione degli ictus silenziosi è fatta degli stessi ingredienti della prevenzione cardiovascolare generale: stile di vita sano e controllo attento delle malattie croniche. La grande differenza è che, mancando l’evento acuto drammatico che fa scattare l’allarme, bisogna agire proattivamente. Non si può aspettare di avere un sintomo grave per iniziare a prendersi cura dei propri vasi cerebrali – perché, come abbiamo visto, il danno potrebbe star avvenendo silenziosamente.
Conclusione
Gli ictus silenziosi dimostrano che anche in assenza di sintomi il nostro cervello può subire dei danni significativi. Questi “colpi nascosti” rappresentano un campanello d’allarme silente: segnalano che c’è qualcosa che non va nella salute vascolare, pur senza manifestarsi apertamente. Riconoscerne l’esistenza è importante per non sottovalutare i piccoli segnali e per adottare un atteggiamento preventivo. Dal punto di vista della salute pubblica e individuale, diffondere consapevolezza sugli ictus silenziosi significa incoraggiare le persone a monitorare i propri fattori di rischio anche in assenza di disturbi evidenti.
La chiave è tutta nella prevenzione: mantenere il cervello ben irrorato di sangue ricco di ossigeno attraverso uno stile di vita sano, trattare con attenzione condizioni come ipertensione, diabete, apnee notturne, e non aspettare che si verifichi un ictus grave per “correre ai ripari”. Come spesso dicono i neurologi, “la prevenzione è la migliore cura” quando si parla di ictus. Ciò vale a maggior ragione per gli ictus silenti, dove non c’è un segno acuto che spinga ad agire sul momento.
In conclusione, un ictus può avvenire anche senza sintomo apparente, ma lascia comunque un’impronta nel cervello. Imparare a conoscere questa condizione deve spingerci a una maggiore cura preventiva: misurare la pressione, controllare i valori metabolici, fare esercizio, seguire una dieta equilibrata, non fumare, e rivolgersi al medico per regolari check-up, specie dopo una certa età o in presenza di fattori di rischio. Solo così possiamo ridurre il rischio che questi “nemici silenziosi” minaccino, poco alla volta, la nostra mente e la nostra autonomia. La rivoluzione nella terapia dell’ictus, in fondo, parte da qui: dalla consapevolezza e dall’azione preventiva, prima che sia troppo tardi.
Fonti:
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Lozza A. “La riabilitazione dell’ictus cerebrale” – La Neuroriabilitazione (2019). Definizione di ictus silenzioso e implicazioni cliniche.
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Kepplinger J. et al., “Sleep apnea linked to silent strokes, small lesions in brain” – ScienceDaily (American Heart Association, 1 Feb 2012). Studio sul legame tra OSAS e ictus silenti.
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Willey J.Z. et al., “Moderate to intense exercise may protect the brain” – ScienceDaily (American Academy of Neurology, 9 Giugno 2011) . Studio (Neurology) su esercizio fisico e riduzione del 40% di ictus silenti.
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Hellicar L., “Silent strokes: What they are, treatment, causes, outlook, and more” – Medical News Today (16 Feb 2023) . Articolo divulgativo con dati su prevalenza, fattori di rischio e prevenzione degli ictus silenziosi.
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Chi N.F. et al., “Alzheimer disease and risk of stroke: A population-based cohort study” – Neurology (2013). Studio epidemiologico che associa la diagnosi di malattia di Alzheimer a un maggiore rischio di ictus.
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Di Carlo A. et al., “Prevalence of silent stroke in an elderly population” – Studio Italiano (dati citati da ALICe Italia) . Informazioni sull’infarto cerebrale silente come lesione ischemica asintomatica e rischio di demenza vascolare.