Palmare per la mano: parliamo di quest’oggetto?
Non esito a cestinarlo al primo incontro senza se e senza ma.
Il palmare per la mano è la miopia della cura dell’ictus fatta a oggetto e mi auguro presto possa andare in pensione come è accaduto alla pallina di gomma da stringere.
È miope perchè prima si esercita il malato per ottenere un’autonomia rapida a spese di un aumento della spasticità, poi una volta che la mano si è chiusa si cerca goffamente di tenerla forzatamente aperta legandola a un supporto rigido come il palmare.
Per fortuna non ne butto molti di palmari perchè il paziente già di suo si rifiuta di utilizzarlo, perchè doloroso e molto scomodo.
Prima di procedere è giusto avvisare il lettore che quanto segue è una un’osservazione personale di chi scrive (Valerio Sarmati) e basata sulla sua esperienza clinica e professionale.
Vorrei giustificare la mia posizione da 3 punti di vista, Neurofisiologico, Biomeccanico e Cognitivo, ma
Neurofisiologico:
La mano si è chiusa per l’aumento del riflesso di stiramento dei muscoli, ovvero la proprietà del sistema nervoso centrale di contrarre le fibre muscolari che si allungano, più stiri il muscolo e più inneschi questo riflesso, più inneschi il riflesso più diventa stabile. Tenere forzatamente allungati i flessori della mano e del polso significa mantenere in costante attività questo riflesso. È miope perchè anche se vediamo la mano aperta, questa non è rilassata e infatti quando il paziente finalmente libera la mano dal tutore questa torna chiusa con forza.
Biomeccanico:
Ho imparato a riconoscere l’utilizzo prolungato del palmare dalla presenza di deformità alle articolazioni delle falangi della mano. Sono articolazioni piccole e delicate che se sottoposte a costante sollecitazione del contrasto della flessione delle dita con il supporto rigido, rischiano di sfiancarsi e alterare la loro forma oltre a ridurre la possibile funzionalità.
Cognitivo:
L’obiettivo deve essere sempre il recupero della mano e questo può passare solo se il paziente impara a controllare l’ipertono e legare una mano a un supporto fisso priva il paziente della possibilità di fare nessuna esperienza di controllo sulla patologia. Il ruolo della mano sembrerebbe essere quello di permetterci di entrare in relazione con gli oggetti del mondo esterno e con il nostro corpo, di sentirli e di conoscerli; con il tutore viene impedita qualsiasi interazione con l’ambiente, qualsiasi percezione.
Qualcuno potrebbe giustamente obiettare che il palmare è stato una necessità perchè la mano era talmente chiusa che le unghie delle dita quasi si conficcavano nel palmo. Anche in questo caso di certo il palmare non risolve il problema e con una così forte spasticità è ragionevole pensare che ci siano anche delle alterazioni della percezione, dove il semplice riconoscere il dito mosso da un’altra persona risulta difficile, spesso proprio questo esercizio se ben eseguito è in grado di produrre un rilassamento della mano, perchè i riflessi aumentati in seguito all’ictus non sono nel muscolo e nemmeno nella sola periferia, ma sono un comportamento al quale partecipano anche le strutture “superiori” come il cervello e se questo viene coinvolto in modo appropriato è possibile iniziare un controllo sull’ipertono.
Perchè sembrerebbe che la mano, anche se appare così distante dal cervello in realtà ne sia collegata…
Al momento della stesura dell’articolo all’interno del nostro programma di riabilitazione ResilientS sono iscritti circa 156 pazienti provenienti da diverse parti del mondo, 67 solo in Italia e nessuno di loro indossa un palmare per tenera aperta la mano perchè il programma di lavoro è rivolto proprio ad aiutare il paziente a controllare la spasticità consapevolmente e non in modo meccanico. Per sapere come funziona il nostro programma di riabilitazione ResilientS puoi visitare questa pagina.
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