Questa probabilmente è l’idea più rivoluzionaria di Perfetti:
Modificarsi per lasciarsi modificare
Non so quando veramente si riuscirà a dare il meritato credito a questa idea perché ha una impatto epistemologico potentissimo. Se affermo il corpo è una macchina perfetta, non dico nulla di strano perché siamo abituati a pensare al corpo come a una macchina, ma anche questa idea del corpo come una macchina è stata a sua volta rivoluzionaria. Cartesio per la prima volta ha associato il corpo a una macchina, nello specifico a un orologio con tutti suoi meccanismi.
Cerchiamo di capire cosa significhi per la riabilitazione vivere e percepire il corpo come una macchina: quando una macchina non funziona devi ripararla e se ci pensiamo l’intervento del fisioterapista anche con il paziente che ha subito un ictus, spesso è di tipo meccanico, ma attenzione è il paziente stesso che esige questa modalità di intervento… Se potesse si farebbe sostituire il pezzo rotto.
La macchina ha anche un’altra caratteristica importante, la sua relazione con l’ambiente, è una relazione a senso unico, significa che la macchina, non intesa solo come automobile intendiamoci, ma un qualsiasi meccanismo, è creata dall’uomo come strumento per manipolare la natura in modo più efficiente, con la motosega taglio più velocemente, con la ruspa acquisisco la forza sufficiente per spostare tonnellate di terra e così via; il corpo come macchina viene vissuto come uno strumento per manipolare la natura a senso unico, che deve eseguire gli ordini della mente. Quando il paziente dice. “Questa scema di mano non vuole rispondere ai comandi”, non è solo una frase, dietro c’è tutto quello che abbiamo detto, e più la mano non obbedisce ai comandi e più il paziente ci mette forza, un pò come quando diamo le botte al forno a microonde o al pc quando non parte, ma il risultato di questo metterci più forza è che la mano si irrigidisce di più.
È questo che spesso vediamo nei pazienti quando provano a muovere il braccio o cercano di camminare: lo fanno con molta forza. Stiamo arrivando al punto del significato di Modificarsi per lasciarsi Modificare. Chi si avvicina alla neurocognitiva di Perfetti, sia come paziente che come riabilitatore all’inizio lo fa perché si rende conto di un un assunto molto semplice, l’ictus ha danneggiato il cervello e non i muscoli, quindi è inutile continuare ad accanirsi sui muscoli ed è necessario iniziare a capire come recuperare le funzioni del cervello che permettono il movimento. Poi andando più in profondità si accorgono di quanto sia importante percepire e sentire e che il movimento non lo riesci a organizzare correttamente se il paziente non è in grado di dare un giusto significato a ciò che sente. E qui ci avviciniamo all’idea rivoluzionaria di Perfetti, perché già il sentire il mondo presuppone che la relazione con esso non sia più a senso unico, ma che ci sia uno scambio di informazioni, allora per muoverti non devi solo “fare” con forza, ma devi “sentire”, ma come è possibile che noi sentiamo? Che cosa sentiamo?
Ad esempio quando chiediamo al paziente di riconoscere diverse spugne sotto il tallone e gli chiediamo: “Tu come fai a riconoscere quella più dura da quella più morbida?“, e il paziente ti risponde: “Perché sento come si schiacciano le spugne!” Questa è una relazione a senso unico, se l’idea è di sentire quanto si schiacciano le spugne la tua intenzionalità del movimento è di schiacciarle, ma modificarsi per lasciarsi modificare significa che il tallone che entra in contatto con le spugne non è più una struttura fissa, immutabile, è una struttura che si modifica, che ci aiuta ad ammortizzare, tra l’altro noi non abbiamo i recettori nella spugna, i recettori che ci permettono di sentire risiedono nel tallone e noi sentiamo la spugna perché percepiamo come si modifica il tallone. Questo ribalta totalmente l’intenzionalità del movimento, mi muovo per sentire, per conoscere e per farlo devo modificarmi, proprio per consentire al mondo di modificarmi a mia volta. Quando sto sentendo una spugna, quando devo controllare il tono perché il mio terapista mi sta facendo sentire dei cerchi o dei regoli, tutti questi oggetti che sembrano giochini, sono in realtà dei pretesti per mettere il paziente in relazione con un pezzettino di mondo, l’oggetto utilizzato nell’esercizio è un estratto del mondo che permette al paziente di ri-entrarci in relazione gradualmente e imparare a modificarsi per lasciarsi modificare.
Come potete osservare, partendo dalla macchina di Cartesio, questa metafora di corpo come un’interfaccia con l’ambiente rappresenta un salto in avanti straordinario. È un’idea rivoluzionaria per la riabilitazione, ma anche dal punto di vista epistemologico, cioè nei confronti della conoscenza stessa, ma a pensarci anche a livello sociale ed ecologico perché ribalta questa relazione di frontalità con gli altri e con la natura ,visti sempre come oggetti da manipolare, infine, se mi è consentito utilizzare questi termini in riabilitazione, ha anche un valore politico e sopratutto poetico.
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